Il Potere dello Storytelling
A molti americani non piace il prosciutto crudo.
Affinché questa storia abbia senso, ho bisogno che tu lo tenga a mente. Potrebbe non esserti molto chiaro in questo momento, ma ti prometto che ci tornerò sopra.
Quante volte ti è capitato di osservare un gruppo di turisti entrare in un negozio pieno di souvenir di plastica – tutti uguali, tutti made in chissà dove – e pensare: “Ma come fanno a scegliere quella roba invece di comprare da un vero artigiano?”
La risposta, anche se fa un po’ male ammetterlo, è che quei negozi hanno capito come convertire una storia in vendite. Mettono un soffitto finto in legno per sembrare una vecchia bottega, piazzano qualcuno fuori dal ristorante a dire “ciao bella” con un sorriso smagliante, riempiono l’ambiente di dettagli che confermano quello che il turista si aspetta di trovare in Italia. E così, anche se il prodotto è banale, il turista ci casca. Perché? Perché quella scena completa la storia nella sua mente: “Ecco, questo è il momento che mi aspetto da una vita, il momento in cui mi sento davvero in Italia”. Loro cercano l’Italia e tu offri qualcosa di più autentico, qualcosa che può essere tramandato alle generazioni future o un'esperienza che rimarrà vivida nei ricordi del partecipante per tutta la vita. Come possiamo distogliere il turista ignaro dalla spazzatura prodotta in serie e condurlo verso il prodotto che sta realmente cercando?
E qui entra in gioco il tuo superpotere: lo storytelling.
Un’attività a conduzione familiare aperta da tre generazioni? Per un americano abituato a negozi a catena con un proprietario stra-bilionario, è una cosa rarissima e meravigliosa. Un macellaio con 40 anni di esperienza? Forse antiquato, ma quasi certamente affascinante. Bambini? Dieci punti. Nonni? Cento punti. Lasciami dichiarare apertamente che sono contraria alla Disneyficazione dell'Italia. Non è di questo che sto parlando. Quello che voglio dire è che qualsiasi storia umana qui in Italia è una storia italiana e le storie sono potenti: possono cambiarti.
Molti turisti arrivano in Italia con un desiderio meno evidente ma piuttosto importante: vogliono sentirsi umani. Vengono da paesi dove la vita è sempre più automatizzata – casse automatiche, chatbot, relazioni frettolose – e cercano la slow life per cui l’italia e’ conosciuta, sognano di farne parte, di partecipare. In questo senso, il tuo negozio o la tua attività è molto più di un posto dove acquistare qualcosa: è un’esperienza, un incontro, un piccolo sogno che si realizza. Per questo motivo, non sono davvero interessati al tuo prodotto in sé. Vogliono comprare il ricordo della relazione che hanno costruito con te.
Molti commercianti italiani, giustamente, si sentono frustrati dai sistemi in cui si trovano a lavorare ogni giorno. Tra burocrazia, tasse e mancanza di supporto concreto, è comprensibile sentirsi stanchi e amareggiati. Ma questa frustrazione si percepisce — e i turisti la notano. Arrivano qui sperando di chiacchierare con i titolari, di parlare con entusiasmo di cultura, di imparare qualcosa sull’Italia vera… e invece si trovano davanti a volti scettici, poca disponibilità, e un’atmosfera quasi di sospetto. Così, il sogno si spezza. E con esso, anche la vendita. Ma se il commerciante riesce ad aprirsi un po’, a raccontare la propria esperienza, la storia del negozio, magari anche le sue difficoltà — ma con il tono di chi vuole educare, non lamentarsi — allora il turista si sente partecipe, coinvolto, arricchito. E spesso se ne va con un bel sorriso… e uno scontrino in tasca. E magari, anche il commerciante si sente finalmente visto, ascoltato, apprezzato per il lavoro e le tradizioni che cerca di tenere vive.
Questa mia opinione è supportata dalla mia esperienza. Ed ecco dove subentra il prosciutto crudo. Una decina di anni fa, accompagnavo gruppi di turisti in un mercato locale, dove c’era una salumeria gestita da una coppia di anziani coniugi. Il banco era semplice, ma tutti adoravano la storia romantica dietro a quella bottega: marito e moglie che lavorano insieme da tutta una vita. Al nostro arrivo, distribuivo piccoli assaggi di San Daniele a ogni persona del mio gruppo e osservavo come la maggior parte di loro esitasse a mangiare, osservando con cautela le lunghe strisce di grasso. Dopo aver parlato con questa coppia di “nonni innamorati” però, tutti lo assaggiavano. Poco importava che più delle volte c’era un litigio in corso quando arrivavamo, anzi, la storia era ancora più ricca così, più autentica.
Molti credono che per vendere bisogna svendersi, ridicolizzare la tradizione italiana e massacrare gli stereotipi, ma in realtà è il contrario. Non bisogna raccontare bugie pur di vendere. Tutt’altro. Qualsiasi sia la tua storia, va raccontata. Qualsiasi sia la storia, anche se non è in linea con il solito stereotipo italiano, va raccontata proprio perché è vera. I turisti, anche quelli che fanno fatica a cambiare idea, sono venuti qui alla ricerca dell’Italia e chi meglio di te può offrire l’italianità.
Quei negozi pieni di oggetti anonimi vendono perché raccontano una favola, per quanto finta. Ma tu non ne hai bisogno. Hai una storia vera, fatta di fatica, passione, famiglia, tradizione, territorio. E se la racconti, se la metti al centro, ti garantisco che lascerà il segno. I turisti non vogliono solo portarsi a casa un oggetto. Vogliono portarsi a casa un pezzo d’Italia vera.
E quel pezzo, sei tu.